I dati emersi dall’Istituto Statistico Britannico confermano che esiste una mortalità in eccesso tra i vaccinati

Confermato l’eccesso di mortalità tra i vaccinati in Inghilterra

Mentre in Italia i dati sulla mortalità in eccesso, associata o meno alle vaccinazioni Covid, sono ancora in fase di elaborazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e non si conosce ancora la data di pubblicazione, l’Office for National Statistics (ONS) nel Regno Unito ha fornito un quadro dettagliato dell’extra-mortalità tra il 1° aprile 2021 e il 31 maggio 2023.

Recentemente, è emerso che l’Istituto di Statistica britannico non pubblicherà più “l’analisi dei decessi per stato vaccinale”. Tuttavia, l’ultimo aggiornamento, datato 29 agosto, ha rivelato dati preoccupanti riguardanti il numero di decessi tra coloro che hanno ricevuto ben quattro dosi di vaccino anti-Covid. A fare chiarezza su questa situazione è Maurizio Federico, responsabile del Centro per la salute globale presso l’Istituto Superiore di Sanità, in uno studio condotto per La Verità.

Come si raccolgono i dati dell’eccesso di mortalità

È tutto qui: raccogliere dati, analizzarli, trarre delle conclusioni. Invece che evitare di raccoglierli, quei pochi che si hanno ometterli o insabbiarli ed evitare di divulgare la verità. La differenza è questa. Ed è quella che c’è tra Regno Unito e Italia in relazione agli effetti avversi da vaccino anti-Covid. E in particolare sulla mortalità in eccesso. Da noi questi numeri, che dovrebbero essere una priorità per le istituzioni sanitarie, sono “in via di elaborazione” da parte dell’Iss.

Nel Regno Unito, invece, l’Office for national statistica (Ons) ha già fornito un quadro preciso dell’extra-mortalità tra il 1° aprile 2021 e il 31 maggio 2023. Il numero di morti tra coloro che hanno ricevuto il vaccino per ben quattro dosi è estremamente preoccupante. Maurizio Federico, responsabile del Centro per la salute globale presso l’Iss, ha elaborato un’analisi accuratissima su questi numeri, pubblicata da LaVerità insieme ad un grafico esplicativo. Cosa emerge?

I dati iniziali considerati nella tabella risalgono ad agosto 2022, quando diventano statisticamente significativi i numeri relativi alla quarta dose o al richiamo. In quel mese, su 4.231 persone che avevano ricevuto almeno 21 giorni prima la quarta dose, si registrarono 20 decessi non correlati al Covid. Nel frattempo, tra i 207.622 non vaccinati, ci furono 106 decessi. Tuttavia, a trenta giorni di distanza, il 9 settembre, su 4.448 persone con la quarta dose, i decessi erano saliti a 26, mentre erano scesi a 66 tra i 201.007 non vaccinati.

I dati sorprendenti dell’extra-mortalità

Questi dati mostrano un’extra-mortalità sorprendentemente alta tra coloro che avevano ricevuto il doppio richiamo. Nel corso dei mesi successivi, il numero di persone plurivaccinate aumentava, ma il tasso di mortalità rimaneva costantemente più alto tra i vaccinati, risultando 3 o 4 volte superiore rispetto ai non vaccinati. È importante notare che non si tratta di numeri riferiti a una piccola parte della popolazione, ma a centinaia di migliaia di persone prese in considerazione dall’Istituto di Statistica inglese.

Spiega Floder Reitter nell’articolo de LaVerità: “I primi dati presi in considerazione sono quelli di agosto 2022, quando gli inglesi certificano che diventano statisticamente significativi i numeri relativi a quarta dose/booster. In quel mese, ci furono 20 morti non Covid tra i 4.231 quadrivaccinati da almeno 2,1 giorni, e 106 decessi tra i 207.622 non vaccinati”. Trenta giorni dopo, su 4.448 con quarta dose, i morti erano saliti a 26 mentre erano scesi a 66 tra 201.007 non vaccinati. Una mortalità in eccesso sorprendentemente alta, in quanti avevano fatto il doppio richiamo. Con il passare dei mesi, però, aumentava il campione dei plurivaccinati ma rimaneva costante il numero più alto dei decessi, 3 o 4 volte più che nei non vaccinati.

In Italia non esiste la trasparenza dei dati

In Italia, la questione della trasparenza nei dati di mortalità in eccesso in relazione allo stato vaccinale è ancora aperta. La mancanza di accesso a questi dati rende difficile valutare la percentuale di decessi correlabili o meno alla somministrazione di due, tre o più dosi di vaccino. Questa carenza di trasparenza è ancora più evidente in assenza di una farmacovigilanza attiva e di un rapporto sugli eventi avversi causati dai vaccini anti-Covid, dato che attualmente i dati sulle segnalazioni confluiscono nel Rapporto sulla Sorveglianza Post-Marketing di tutti i vaccini, pubblicato solo una volta l’anno dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

È fondamentale considerare che la morte è un evento estremo e statisticamente ancora più raro nella fascia d’età 18-39 anni, dove la percentuale di individui fragili è fortunatamente molto bassa. Tuttavia, rimane un’enorme lacuna nelle nostre conoscenze riguardo agli eventi intermedi. Non sappiamo con precisione quali patologie o reazioni correlate alla vaccinazione possano manifestarsi in questa popolazione principalmente sana e se tali eventi stiano avendo un impatto sulla loro salute complessiva.

Inoltre, c’è un’evidente mancanza di trasparenza riguardo alle eventuali modifiche apportate ai vaccini per migliorarne la sicurezza. Siamo informati su quale vaccino è raccomandato, ma abbiamo poche informazioni dettagliate su come le case farmaceutiche abbiano affrontato la sicurezza nei loro prodotti.

Gli effetti avversi non correlati e le campagne vaccinali

È cruciale chiedersi se stiamo monitorando adeguatamente la gravità di diverse reazioni avverse, come miocarditi, trombosi venose profonde, ictus e aborti, specialmente nelle fasce di popolazione più giovani. In questa fase di incertezza, che continua quasi tre anni dopo l’inizio delle vaccinazioni anti-Covid in Italia, ci viene soltanto “raccomandato” un ulteriore richiamo con un vaccino aggiornato, ma ciò avviene senza chiare indicazioni sulla sua sicurezza.

In particolare, le donne in gravidanza e in allattamento sono tra le destinatarie di queste raccomandazioni, seguendo le linee guida ministeriali. È importante notare che Pfizer ha dichiarato di non aver condotto sperimentazioni su questa fascia delicata, e i dati forniti dall’ONS sollevano delle preoccupazioni legittime.

Sono davvero necessari molteplici richiami a persone sane?

La situazione diventa ancor più complessa quando consideriamo l’età media in cui le donne diventano madri, che è di 32 anni in Italia, ma non possiamo trascurare la presenza di madri più giovani. La mortalità in eccesso tra i quadrivaccinati dai 18 ai 39 anni nel Regno Unito solleva interrogativi importanti. È davvero necessario somministrare molteplici richiami a persone sane che, se contraggono il virus, hanno un basso rischio di sviluppare una malattia grave o di morire? La situazione non è più quella dell’emergenza pandemica in cui milioni di persone si sono vaccinate in un clima di paura e incertezza.

Giorgio Palù, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità

Oggi, con il Sars-CoV-2 che sembra essersi adattato all’umanità e diventato endemico, le varianti non destano particolare preoccupazione. Come ha dichiarato il presidente di Aifa, Giorgio Palù, “finiamola di mettere paura alla gente”. Tuttavia, persistono le richieste affinché tutti, compresi bambini e individui sani, continuino a vaccinarsi. È fondamentale che il Ministero della Salute e l’ISS formino una chiara e dettagliata comprensione di questi farmaci prima di procedere ulteriormente con le raccomandazioni. (Giornale d’Italia)

Maurizio Federico: uno scienziato vero

Maurizio Federico è il responsabile del Centro nazionale per la salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Si è laureato nel 1982 in Scienza Biologiche all’Università di Roma La Sapienza (110 e lode). Successivamente ha avuto vari incarichi, vediamoli di seguito.

Maurizio Federico, virologo dell’ISS

Dopo la laurea, Maurizio Federico ha svolto un internato presso il laboratorio di Virologia dell’Iss. E ancora: tra il 1985 e il 1992 è stato ricercatore presso il laboratorio di virologia dello stesso Istituto superiore di sanità; tra il 1992 e il 2005 è stato ricercatore di ruolo presso il Dipartimento di malattie infettive e parassitarie; dal 2006 ad oggi è direttore del reparto “Patogenesi e Retrovirus” presso il centro nazionale AIDS. E, infine, dal 2007 ad oggi anche Dirigente di ricerca presso il Centro Nazionale AIDS dell’Iss.

Il dottore Maurizio Federico ha iniziato la sua carriera scientifica come studente presso il laboratorio di Virologia dell’Istituto superiore di Sanità. Negli anni ’80, nel periodo cioè di massima diffusione dell’AIDS in Italia, ha fatto parte del team scientifico dedicato all’isolamento e caratterizzazione degli isolati di HIV-1 circolati in Italia. In questo contesto ha contribuito al clonaggio molecolare e sequenziamento del del primo ceppo di HIV in Italia. Il risultato più originale ottenuto è stato l’isolamento di un ceppo di HIV non producente la cui espressione blocca la replicazione di HIV-1 superinfettante. Tale scoperta è stata oggetto di un brevetto in collaborazione con scienziati di MolMed.

Una carriera scientifica ricca di esperienze

Negli anni 90 Maurizio Federico è diventato il leader di un team scientifico focalizzato alla ricerca di base su HIV, e ha pubblicato i dati prodotti come senior author su riviste internazionali di alto impatto. Nello stesso periodo, il team da lui guidato ha tenuto una serie di importanti collaborazioni con leader di gruppi scientifici nazionali e internazionali nel capo dell’HIV.

Più recentemente Maurizio Federico ha intrapreso studi di ricerca traslazionale riguardanti esosomi, nanovescicole naturali rilasciate da tutti i tipi cellulari. Questi studi hanno permesso di ottenere nuove scoperte sui meccanismi patogenici dell’HIV, ma soprattutto hanno rappresentato il punto di partenza per l’implementazione di una piattaforma originale per la produzione di vaccini CTL contro malattie infettive e tumori.

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