Sentenza storica: il Tribunale del lavoro dichiara l’ illegittimità della sospensione dei non vaccinati

Il Tribunale dell'Aquila ha stabilito che la sospensione dal lavoro per i non vaccinati è illegittima

Il tribunale dell’Aquila dichiara l’illegittimità della sospensione dal lavoro per i non vaccinati

La sentenza del Tribunale del Lavoro de L’Aquila del 13 settembre 2023,  ha dichiarato l’illegittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per assenza della vaccinazione obbligatoria anti Sars-Cov-2 dei lavoratori ultracinquantenni. E’ un atto di giustizia e di coraggio che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori e della libertà di scelta individuale.

La sentenza ha stabilito che la sospensione dal lavoro dei lavoratori non vaccinati era illegittima perché non era giustificata dalla necessità di tutelare la salute pubblica. I vaccini anti covid-19, infatti, non sono in grado di prevenire il contagio, come dimostrato dal fatto che anche i vaccinati si infettano e trasmettono il virus.

Il giudice monocratico del Tribunale del lavoro dell’Aquila, Giulio Cruciani, ha emesso lo scorso 13 settembre una fondamentale sentenza con cui dichiara illegittima la sospensione dal lavoro per la mancata vaccinazione Covid da parte dei lavori sottoposti all’obbligo, ovvero gli over 50. Inoltre ha dichiarato illegittima la sospensione dal lavoro del ricorrente con ogni conseguenza normativa ed economica.

Ha poi condannato la parte resistente al pagamento delle retribuzioni oltre interessi e rivalutazione. Ha stabilito anche che la parte resistente dovrà  pagare il danno biologico. Infine la parte resistente dovrà provvedere anche al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite.

Un giudice del lavoro che tutela il lavoro

La sentenza del Tribunale del Lavoro de L’Aquila ha dichiarato l’illegittimità dell’istituto della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per assenza della vaccinazione obbligatoria anti Sars-Cov-2 dei lavoratori ultracinquantenni. Si tratta di un atto di giustizia e di coraggio. Rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori e della libertà di scelta individuale.

Il Giudice del Lavoro premette che: “non verrà valutata la legittimità dell’obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2, bensì la legittimità, nel caso concreto, della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria“.

Il Giudice accerta e dichiara che “non vi è alcuna norma di legge – né potrebbe mai esservi anche per lo sbarramento costituzionale del divieto di discriminazione ex art. 3 Cost. – che imponga un obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2 per prestare lavoro. Ma solamente l’imposizione di un tale obbligo se e nei limiti in cui sia strumento di prevenzione dal contagio“.

La prevenzione immunitaria dal contagio dal virus Sars-Cov-2 è stata dunque il fine che la legge intendeva raggiungere con la vaccinazione obbligatoria. Mentre la cura dalle forme acute della malattia Covid-19 è altro aspetto, diverso ontologicamente, non rientrante nell’alveo normativo della vaccinazione obbligatoria.

E che il lavoratore vaccinato fosse sicuro ed il non vaccinato invece fosse pericoloso era una semplice presunzione relativa. Nello specifico si è trattato di una presunzione legale, non certo assoluta, perché è stata smentita dalla prova contraria. Infatti i vaccinati con i farmaci oggi a disposizione si infettano ed infettano gli altri, al pari dei soggetti non vaccinati.

Una sentenza che finalmente stabilisce che i presupposti dell’obbligo erano senza fondamento

«Solo ad una lettura superficiale (e comunque non costituzionalmente orientata) gli artt. 4, 4-bis e 4-ter, poi 4-quater e 4-quinquies dl. 44/21, per tutelare la salute pubblica, imporrebbero (per quanto qui rileva) l’obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2 a certe categorie di lavoratori e ai lavoratori dai 50 anni in su». Questo si legge nella sentenza.

La sentenza del Tribunale dell’Aquila

Il Giudice de L’Aquila ha preso atto che la contagiosità dei vaccinati costituisce un fatto notorio ai sensi dell’art. 115, c.p.c. (che non richiede quindi una perizia per accertarne la fondatezza). Inoltre ha stabilito che, per l’effetto, la sospensione dei lavoratori, giustificata dal fatto che non si sia vaccinato, sia stata del tutto priva di fondamento.

Si tratta di una sentenza potenzialmente dirompente. Essa infatti demolisce dalle fondamenta i presupposti su cui si era basata la politica per imporre la vaccinazione alla popolazione. Confermando come le istituzioni abbiano violato la Costituzione e i diritti dei cittadini. Imponendo di fatto farmaci ancora in fase di sperimentazione e autorizzati in via provvisoria.

La violazione del diritto al lavoro

La sentenza, inoltre, tocca anche il punto della violazione del diritto al lavoro spiegando che «lo Stato italiano si fonda sul lavoro (art. 1 Cost.) e su questo si fonda non solo la dignità professionale. Ma anche la dignità personale dell’essere umano che vuole mantenersi con le proprie forze». Sarebbe stato quindi negato il diritto al lavoro in nome di un presupposto giuridico e scientifico fallace. Violando così i diritti costituzionali.

l giudice, inoltre, ha commentato anche la pronuncia della Corte di cassazione laddove ritiene “non irragionevole” l’introduzione del green pass per accedere ai luoghi di lavoro. Dopo aver chiarito che le sentenze della Consulta “non hanno alcun effetto vincolante, a livello interpretativo, per i giudici di merito”, dichiara che intende discostarsi dalla posizione della Consulta. Prestando fede a una dichiarazione dell’ISS, ritiene che la vaccinazione anti-COVID-19 costituisca “una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2”.

Nella sentenza, invece, viene scritto nero su bianco che tale tesi «non solo è chiaramente smentita dalla realtà dei fatti conosciuta da tutti (realtà toccata con mano, senza necessità di particolari conoscenze mediche: ad un soggetto viene somministrato il vaccino e poco dopo gli viene diagnosticata l’infezione da SARS-CoV2) ma dalle stesse case produttrici dei vaccini». La responsabile della Pfizer, infatti, aveva dichiarato in un’audizione al Parlamento europeo che nessuno studio era stato condotto sulla capacità del vaccino di impedire il contagio. Quindi non essendo quello il fine del prodotto in vendita quanto piuttosto quello di contrastare gli effetti dannosi dell’infezione.

Una sentenza ignorata dai media

Una sentenza – non l’unica – dalla portata così eclatante è stata quasi completamente ignorata dai media generalisti. Sembra piuttosto che cerchino di far passare in sordina sentenze e notizie che smascherano chiaramente l’impalcatura anticostituzionale messa in piedi durante il periodo pandemico. La conseguenza non è solo la mancanza di un dibattito pubblico e politico che metta in discussione l’operato delle istituzioni italiane, ma anche la mancata divulgazione di notizie. Notizie che potrebbero evidentemente comportare un’ondata di richieste di accertamento di illegittimità da parte di tutti coloro che hanno subito, a questo punto ingiustamente anche secondo la magistratura, la sospensione dal lavoro.

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