Miti, leggende e tradizioni della Napoli di ieri e di oggi : le leggende di Castel dell’Ovo

Leggende del Castel dell'Ovo (Foto pubblica by Facebook)

 Le leggende di Castel dell’Ovo

Le leggende di Castel dell’Ovo rappresentano il fascino della storia di Napoli. Il Castello sorge sull’imponente isolotto di tufo, Megaride, costituito da due faraglioni uniti tra loro da un arco naturale. Il Castel dell’Ovo (castrum Ovi, in latino), è il castello più antico della città di Napoli. Esso è uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo. Si trova tra i quartieri di San Ferdinando e Chiaia, di fronte a via Partenope. L’origine del suo nome curioso è legato ad una delle più fantasiose leggende napoletane, di origine medioevale. Si narra che Virgilio, il grande poeta latino, vi avrebbe nascosto all’interno di una gabbia un uovo incantato.

L’isolotto di Megaride e Castel dell’ovo(Foto by Facebook)

Questo sarebbe stato sistemato, dal poeta “mago”, in una caraffa di vetro piena d’acqua protetta da una gabbia di ferro ed appesa ad una pesante trave di quercia e sistemata in una camera situata nei sotterranei del castello. Finora ancora nessuno ha trovato l’uovo. Infatti il luogo dove era conservato fu tenuto segreto poiché da “quell’ovo pendevano tutti li facti e la fortuna del Castel Marino” (com’era chiamato il castello). Si cominciò a credere che finché l’uovo non si fosse rotto, la città e il castello sarebbero stati protetti da ogni tipo di calamità.  Ma se fosse accaduto qualcosa all’uovo, ci sarebbero stati guai per Napoli e per i napoletani.

Si pensava che proprio quest’uovo reggesse il destino di Castel dell’Ovo e della città di Napoli. Per questo durante il maremoto che quasi distrusse la costruzione nel 1370 si diffuse la paura che l’uovo magico si fosse rotto. Per correre ai ripari e far tornare la pace in città, la regina Giovanna I fu costretta a giurare pubblicamente che l’uovo fosse stato sostituito con uno integro davanti ai suoi occhi.

La storia del Castello

La storia di Castel dell’Ovo risale alla metà del VII secolo a.C., quando sull’isolotto sbarcarono i Cumani, di origine greco-euboica. Essi fondarono Partenope (o Neapolis– città nuova) sul retrostante Monte Echia, che incorporò un centro abitato più antico, identificato, in seguito, come la Palepolis (città antica). Durante la dominazione romana, sull’isolotto e sul Monte Echia, fu costruita la villa, o Castrum Lucullanum, del patrizio Lucio Licinio Lucullo (I sec. a. C.) che si estendeva con parchi e fontane dalla collina di Pizzofalcone fino all’attuale Piazza Municipio.

La Fortezza di Castel dell’Ovo (Foto by Facebook)

Durante il periodo medievale fu fortificato dagli stessi napoletani per far fronte alle invasioni barbariche. Fu poi ricostruito nel periodo aragonese (1400) dopo la distruzione dovuta alla guerra tra re Carlo III e Giovanna I. I lavori di restauro mutarono in parte la linea architettonica del forte normanno, che divenne il teatro delle orge delle due regine Giovanna I e Giovanna II. Le quali secondo la tradizione popolare avrebbero fatto buttare a mare i loro amanti occasionali.

Lo sviluppo dell’isolotto nel tempo

Agli inizi del ‘900 sull’isolotto sorsero alcuni celebri “Café Chantants“, quali l’Eldorado e il Santa Lucia, dove si davano piacevoli spettacoli che duravano tutta la notte, in cui sono intervenuti personaggi come Edoardo Scarfoglio, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo e Roberto Bracco. Ancora oggi la zona che è parte integrante del “Borgo Marinari”, è caratterizzata da noti ristoranti, bar e pub pieni di vita fino a notte fonda.

Oggi il Castel dell’Ovo ospita convegni e cerimonie d’alto livello. Possono essere visitate le due torri, denominate Normandia e Maestra, i resti della Chiesa di San Salvatore, una sala gotica coperta a volte, una loggia ogivale del ‘300 trasformata nell’800 in cappella, la Sala delle Colonne, i resti di un loggiato quattrocentesco, le celle dei monaci, il cosiddetto carcere della regina Giovanna ed il grande terrazzo panoramico con i cannoni spagnoli rivolti verso la città (in foto).

Castel dell’Ovo e la leggenda dell’uomo-pesce

Il mito racconta di un ragazzo, Niccolò o Cola Pesce, metà uomo e metà pesce, che spesso veniva incitato dal re di Napoli a gettarsi in mare nei pressi di Castel dell’Ovo per riportargli cosa nascondessero i suoi abissi. L’uomo-pesce raccontò di aver visto coralli, scheletri e navi sommerse ricche di tesori. Per portare al sovrano le gemme preziose lì conservate, si faceva ingoiare da un pesce e quando arrivava a destinazione gli tagliava il ventre per uscire. Di lui improvvisamente non si seppe più nulla. Semplicemente non riemerse più dall’acqua.

La leggenda di Partenope e Ulisse

Il Castel dell’Ovo si sviluppa completamente su un isolotto, il cosiddetto isolotto di Megaride, oggi quasi del tutto irriconoscibile. Quando fu realizzata la costruzione nel lontano I secolo d.C., l’isolotto non era collegato alla terra ferma, ma era distante pochi metri dalla costa. Secondo un’antica leggenda, sotto l’isola fu sepolto il corpo della sirena Partenope, che si era suicidata dopo il rifiuto di Ulisse. Il mito narra che ciò avvenne molto tempo prima della fondazione della città di Neapolis, facendo diventare questo uno dei luoghi di culto più sacri dell’antichità.

CaStel dell’Ovo, Napoli
veduta dal lungomare
(Foto by Facebook)
Un nuovo rione al posto del castello

Nel 1871, all’inizio del Regno d’Italia, il Castel dell’Ovo ha rischiato di scomparire. Volevano infatti abbatterlo per creare un nuovo rione della città di Napoli, accanto a quelli già esistenti di San Ferdinando e di Chiaia. Il progetto, realizzato dall’Associazione degli scienziati letterati e artisti, non fu però portato a termine. Il Castello rimase in uno stato di profondo abbandono almeno fino al 1975, anno in cui cominciarono i lavori di ristrutturazione.

Per fortuna ancora oggi il Castel dell’Ovo si può ammirare passeggiando sul lungomare di Napoli. Visitandolo si effettua un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo. Un meraviglioso luogo dove archeologia, storia e leggenda si fondono insieme alla splendida cornice del Golfo. Crisi e degrado ne vorrebbero appannare lo sfavillio, ma finché c’è l’Ovo, c’è speranza!

 

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