Miti, leggende e tradizioni della Napoli di ieri e di oggi : la leggenda di Castel Sant’Elmo

La leggenda di Castel Sant'Elmo

La leggenda di Castel Sant’Elmo

La leggenda di Castel Sant’Elmo narra di oscure presenze che si aggirerebbero all’interno dell’edificio. Testimoni raccontano anche di aver visto un fantasma vestito di bianco aggirarsi tra le sale.

In uno dei luoghi più panoramici della città, sulla collina del Vomero, si erge imponente e maestoso l’unico castello al mondo avente una pianta a sei punte: Castel Sant’Elmo. Questa particolare struttura permetteva di garantire una maggior difesa dagli assalti nemici ma, secondo alcuni, la strana forma è legata all’alchimia: il simbolo rappresenterebbe l’equilibrio cosmico.

Una figura misteriosa si aggirerebbe nelle sale di Castel Sant’Elmo

Storia e leggenda di Castel Sant’Elmo

Storia e leggende si intrecciano intorno al Castello. A partire dalla sue carceri. Qui infatti furono rinchiusi illustri prigionieri, tra cui Tommaso Campanella, il filosofo accusato del 1604 di eresia.

Il frate domenicano fu un irriducibile avversario delle scuole teologiche ufficiali. Quando fu rinchiuso in Castel Sant’Elmo, il capitano Carlo Spinelli, principe della Roccella, gli rese la vita ancora più difficile. Eppure in questo calvario, il Campanella ebbe ancora la forza di scrivere alcune opere e poesie.

Nel marzo del 1659 fu rinchiusa nelle prigioni di Castel Sant’Elmo con la sua cameriera, Giovanna di Capua, principessa di Conca. Le due donne morirono avvelenate il 10 aprile.

Nelle carceri furono anche rinchiusi i patrioti della insurrezione borbonica del 1799.

Cosa narra la leggenda di Castel Sant’Elmo

Una leggenda narra, dunque, di sibili agghiaccianti e urla acute, stridenti, che si udirebbero nei sotterranei, di notte. Di queste manifestazioni esisterebbero diverse registrazioni. Si suppone si tratti di rumori prodotti dal vento nelle grotte sottostanti.

Lungo la Pedamentina, una piccola scalinata che fiancheggia tutta la collina sulla quale si erge il castello, vagherebbe invece un fantasma vestito di bianco. La caratteristica singolare è che sembrerebbe trattarsi di un fantasma piuttosto allegro e giocherellone. Il suo passatempo infatti, consisterebbe nello spaventare gli altri entrando ed uscendo da un muro vicino alla scalinata, oppure con grida e risate improvvise.

Un’altra leggenda legata alla scalinata

Alla fine della prima rampa della Pedamentina, esiste infatti un vecchio cancello in cui le guardie reali uccidevano tutti quelli che volevano assalire il castello. I corpi dei nemici venivano poi lasciati nei sotterranei per essere divorati dai topi. Secondo alcune testimonianze, i lamenti e i pianti di tali vittime sarebbero ancora udibili passando dinanzi al cancello.

La costruzione della fortezza

La costruzione della fortezza venne commissionata da Roberto Il Saggio e fu terminata nel 1343, sotto il regno di Giovanna I D’Angiò. Nel 1416 la Regina Giovanna II la vendette ad Alfonso d’Aragona. Il Castello fu teatro di numerosi scontri dettati dalle contese tra Spagna e Francia per aggiudicarsi il tanto ambito Regno di Napoli. Nel 1587 un fulmine si abbatté sulla polveriera della roccaforte portando alla morte più di 150 uomini stanziati sulle mura a difesa della città. Il Castello fu poi adibito a carcere e, dopo numerose opere di restaurazione, dal 1988 è divenuto un museo.

Leggende spettrali avvolgono questo luogo. Si narra che i custodi sentano di notte assordanti grida provenire dai sotterranei che, in passato, contenevano i corpi dei prigionieri, lasciati divorare dai topi. È come se le anime si ribellassero, con urla strazianti, alla mancata sepoltura. Testimoni raccontano anche di aver visto un fantasma vestito di bianco aggirarsi tra le sale del Castello. Lo spettro non è una figura malvagia ma si diverte burlandosi dei malcapitati, facendoli intimorire, per poi svanire tra grosse risate. Un posto tanto affascinante quanto oscuro.

Nel bene e nel male queste presenze oscure sono la rappresentazione dei due aspetti della vita: quello triste e quello allegro. Per cui non c’è nulla di cui aver paura .  Si deve convivere anche con ciò che spesso non comprendiamo.

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