L’8 marzo cortei contro il femminicidio a Napoli e in altre città

tragedia a Roma

L’8 marzo non è stata celebrata come una festa, ma con cortei a Napoli e in altre città

Ieri, 8 marzo 2023, in occasione della “Giornata Internazionale della donna“, si sono svolti cortei a Napoli contro il femminicidio. Associazioni contro la violenza di genere e comunità Lgtq hanno sfilato per le strade del centro, circa 3mila persone hanno preso parte alla manifestazione. Il corteo è stato organizzato dal movimento ‘Non una di meno‘,  hanno preso parte associazioni femministe, buona parte della comunità Lgbtq, movimenti studenteschi e semplici cittadini. Secondo quanto riportato su NapoliToday la marcia é partita da piazza del Gesùe ed é giunta fino in piazza Dante. Ci sono stati momenti di puro divertimento, con musica e balli sfrenati, a interventi drammatici dal megafono che hanno raccontato di violenze, abusi, morti, discriminazione.

L’appello dei manifestanti

“Oggi per noi non è un festa, ma uno sciopero. Una protesta contro i soprusi e le violenze che subiamo ogni giorno, contro i femminicidi, contro l’imposizione della famiglia tradizionale, contro i salari più bassi rispetto a quelli degli uomini”. “Tutto quello che abbiamo ottenuto ce lo siamo conquistato con le lotte – dicono le attiviste e gli attivisti – Continuiamo a dire che la violenza è ancora strutturale, economica, sociale. E’ anche in casa, nelle famiglie”.

“Non una festa ma una giornata di lotta”

Anche in Sicilia studentesse, ricercatrici, docenti e prorettrici dell’università di Palermo chiamano alla mobilitazione l’ateneo per la giornata dell’8 marzo. Marciano con lo slogan “Non è una festa ma una giornata di lotta”. Si legge su PalermoToday che il corteo é stato organizzato da tutte le associazioni e i collettivi universitari (Collettivo Medusa, Vivere Ateneo, Udu, Impronta Studentesca, Rum, Potere e Sapere, Uni %, Intesa Donne e Uniattiva) con il patrocinio dell’Università degli studi di Palermo, ha attraversato tutto il Viale delle Scienze.

Il 15 dicembre scorso, è stata organizzata un’assemblea a seguito del grave caso di sessismo che ha coinvolto alcune dottorande del dipartimento di Economia, finite in una lista che valutava le loro qualità estetiche.

La dichiarazione delle associazioni che hanno organizzato la manifestazione

“È in continuità con quell’esigenza che chiamiamo tutta la comunità accademica alla mobilitazione. Non una festa, ma una giornata di lotta, in cui le donne affermano la necessità di difendere i diritti finora acquisiti e di continuare a battersi per una vera emancipazione in una società ancora patriarcale. Vogliamo ribadire l’inviolabilità del diritto all’aborto e l’importanza dell’accessibilità a una contraccezione gratuita. Pretendiamo il diritto al congedo mestruale che può essere garantito direttamente attraverso un intervento della governance di Unipa. Chiediamo la gratuità dei tamponi e degli assorbenti mestruali, oggi tassati come beni di lusso.” 

“Vogliamo fare luce sul lavoro di cura che grava completamente sulle spalle delle donne, non retribuito e di fatto sostitutivo di un sistema di welfare carente e non garantito dallo Stato. Riteniamo preoccupante il gap salariale che ancora esiste soprattutto nel privato, la mancanza di tutele per le donne nel mondo del lavoro, soprattutto quando scelgono di avere figli. Ma scendiamo in piazza anche contro l’oggettificazione e la presunzione di proprietà sopra i nostri corpi, che trova nel femminicidio l’atto estremo e culminante di percorsi di violenza che conosciamo tutte.”

“Tutto ciò per ribadire il ruolo cardine che la Storia ha strappato alle donne che si sono battute per i diritti che oggi possiamo rivendicare, alle donne che hanno contribuito al progresso scientifico, culturale e sociale e pretendere una rivoluzione dei programmi di studio, nei quali la storia delle donne è completamente invisibilizzata. Manifestiamo contro tutte le guerre, di cui le donne subiscono atroci conseguenze, oggetto molto spesso di stupro e violenze da parte dei militari; al fianco delle donne in Iran che, in questi mesi, stanno lottando contro un regime oppressivo che è arrivato persino a programmare l’avvelenamento di centinaia di alunne nel tentativo di provocare la chiusura delle scuole femminile”. 

 

 

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