“Himalaya”: il coraggio di sognare ancora
“Himalaya”: il coraggio di sognare ancora
Intervistae con Revelè

C’è una montagna che non si misura in metri ma in battiti, in respiri trattenuti e in sogni che non smettono di cercare il cielo. È l’“Himalaya” di Revelè, il nuovo singolo del cantautore partenopeo che trasforma la fragilità in forza e l’amore in una scalata verso l’infinito.
Prodotto da Mario Meli (già al fianco di artisti come Annalisa, Alfa e Clementino) e distribuito da Artist First, “Himalaya” è una carezza e una vertigine allo stesso tempo: la storia di un bambino che sognava di diventare astronauta, ma che oggi continua a guardare le stelle da terra, con la stessa meraviglia di allora.
Tra sonorità che intrecciano new wave napoletana, poetica viscerale e una sincerità che spacca il petto, Revelè canta l’amore come unica vetta possibile. Accanto a lui, la voce di Mema, sua sorella gemella, che trasforma il brano in un dialogo tra anime, un respiro condiviso, un ritorno alle radici.
Revelè, al secolo Giuseppe Cacciapuoti, classe 1997 è artista, attore e autore. Nella sua ricerca mescola musica, teatro e scrittura come linguaggi di un’unica tensione poetica. La sua voce è quella di una generazione che ha conosciuto la disillusione ma non ha smesso di credere nella bellezza, nella fatica, nella speranza che qualcosa di autentico possa ancora accadere.
Abbiamo parlato con lui di sogni, di radici, di amore, di coraggio.
Ne è venuto fuori un viaggio dentro l’anima, un piccolo Himalaya da scalare con il cuore.

Ecco le cinque domande a Revelè, e le sue risposte, sincere, ironiche e profondamente umane.
In “Himalaya” racconti il sogno di un bambino che cresce, si scontra con la realtà ma continua a inseguire l’amore e la vita con lo stesso stupore. Quanto di quel bambino vive ancora dentro di te oggi, quando scrivi e canti?
Penso che siamo tutti eterni bambini, semplicemente il bambino si deve adattare alla società. Probabilmente a muovermi è proprio quel bambino, poi arriva il raziocinio dell’adulto, però quello che racconta i sogni è il bambino. Quanto c’è di quel bambino quando scrivo e canto? Nella fase embrionale il 100%, nella fase di progettazione, strategia e mercato il 50%, quindi un bambino che si deve adattare alla società.
Nel brano emerge una grande tensione poetica tra radici e sogno, tra Napoli e lo spazio. C’è un luogo reale o simbolico che per te rappresenta il tuo “Himalaya”?
Fisicamente parlando, l’Himalaya è raggiungere il Nirvana. Il mio sogno è quello di girare il mondo. L’Himalaya lo raggiungi in ogni luogo grazie agli affetti che hai vicino e alle tue passioni. Fisicamente, il mio Himalaya è il mare: sto bene con me stesso al 110% quando sto davanti al mare, che mi dà una sensazione di infinito, ma allo stesso tempo di nostalgia, di ricordi, di obiettivi che si susseguono.

Hai definito la canzone come “il coraggio di non arrendersi”. Da artista giovane, quanto è difficile oggi continuare a crederci quando la montagna del mondo musicale sembra così alta?
Ci sono momenti no e momenti sì. Totò diceva: la felicità sono attimi. Spesso inseguiamo la felicità che è solo un battito di ciglia. Sicuramente è difficile crederci, per una questione di percentuali di persone che ci provano e di quelle che ci riescono realmente. Però, penso che nella tua ossessione di raggiungere un obiettivo tu debba stare bene con quello che fai, come se si fermasse il tempo quando fai quello che ti piace. Quello ti fa credere di potercela fare, i momenti in cui ti senti realmente vivo. L’artista si deve affacciare a un mercato, quindi è molto difficile, devi in un certo senso adattarti, come in un rapporto di coppia dove si deve scendere a compromessi. Devi trovare un punto comune, una volta trovato c’è l’amore.
Nel ritornello c’è la voce di tua sorella gemella, Mema. Quanto ha influito questo legame familiare e artistico nel dare al brano quella sensazione di verità e di calore umano che si percepisce subito?
Essendo in famiglia, c’è sempre amore e odio. L’unica voce che poteva esserci è quella di mia sorella, perché mi capisce quando “viaggio sulla luna” nello spiegare le cose e lei riesce a recepire l’immagine che ho in testa. Essendo poi la mia gemella, ha vissuto con me le cose positive e negative della vita, abbiamo un rapporto bellissimo, anche se abbiamo due modi differenti di vedere la vita, ma spesso questa cosa ci aiuta nel capire l’altro. Quando abbiamo registrato la canzone, ho cercato di darle delle immagini di infanzia che solo io e lei possiamo capire, come la perdita di nostro padre. Quindi, questo pezzo è uscito in modo molto dolce, ed è solo con l’amore che arrivi al sogno – e all’Himalaya. Mia sorella era quindi la voce perfetta per questo pezzo.

(ironica e divertente)Se davvero dovessi scalare l’Himalaya per amore… porteresti con te la chitarra, l’ossigeno o direttamente Mema per non perdere l’intonazione a 8.000 metri?
Per me l’Himalaya in questo caso rappresenta il sogno, quindi il palco, magari Piazza del Plebiscito a Napoli, e cantare insieme questa canzone nella città che ci ha fatto nascere e crescere. Porterei sicuramente mia sorella, ma senza ossigeno non faccio niente. La chitarra la rifacciamo con un beatbox e la respirazione ce la dà Napoli stessa.
