Gianni Minà è morto, il giornalista aveva 84 anni. Fu grande amico di Maradona

È morto il giornalista gianni minà

Il giornalista Gianni Minà ( foto by Facebook)

Il famoso giornalista Gianni Minà è morto ad 84 anni per problemi cardiaci

È morto il notissimo giornalista e conduttore tv Gianni Minà, aveva 84 anni. Per Il suo amore verso Napoli e Maradona gli fu riconosciuta la cittadinanza onoraria partenopea nel 2019. Le cause della sua scomparsa sarebbero da attribuirsi alle conseguenze di una breve malattia cardiaca. È quanto si apprende dalla famiglia attraverso i suoi profili social. Lunga e ricca di importanti interviste, programmi televisivi e film documentari su personaggi famosi, la sua carriera. Tra i nomi più ricorrenti quelli di Maradona, Fidel Castro, Muhammad Alì e tanti altri. Il suo taccuino era così ricco di personaggi famosi che diede vita ad un’iconica gag con Massimo Troisi.

È morto il giornalista Gianni minà
La maglia di Maradona con dedica per Gianni Minà ( foto by Facebbok)

L’indimenticabile duetto con Troisi su Rai1

Un duettro storico, come riporta il quotidiano il mattino. che resta a tutti gli effetti uno dei momenti più alti mai raggiunti dalla tv italiana. Gianni Minà celebra il compleanno di Pino Daniele e invita su Rai1 l’amico Massimo Troisi. Sono appena iniziati gli anni 90. Ne vengono fuori tre minuti di comicità pura nei quali il giornalista si piega più volte in due dalle risate. «Cosa invidio a Minà? La sua agendina – dice il grande attore napoletano scomparso – Lui ha il numero di Fidel Castro ed è registrato semplicemente come Fidel. E quando Minà lo chiama, non attacca ma risponde». Poi il pezzo di bravura assoluto: «Pino Daniele ha detto a Minà di chiamarmi…. E lui ha sfogliato l’agendina: Fidel Castro, Little Tony, Toquinho, Troisi. E mi ha chiamato». A Minà non resta che sospirare: «Una serata difficilissima».

La carriera del giornalista Gianni Minà morto solo poche ore fa 

Nato a Torino il 17 maggio 1938, ha iniziato la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport, quotidiano di cui è stato poi anche direttore per due anni dal 1996 al 1998. Nel corso della sua carriera ha collaborato con quotidiani e settimanali italiani e stranieri, ha realizzato centinaia di reportage, ha ideato e presentato programmi televisivi e ha girato film documentari su personaggi famosi come Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchù, Silvia Baraldini, il subcomandante Marcos e Diego Armando Maradona. Iconica, tra le tante, resta la foto che lo ritrae gioioso a cena a Roma con Muhammad Ali, Sergio Leone, Robert De Niro e Gabriel García Marquez.

“Mi hanno sempre attratto – raccontava – persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell’isolamento, della solitudine. Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell’America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, ‘il cammino si fa andando’, non sai mai dove queste storie ti possano portare. È il bello della vita, tutto sommato”.

L’incontro più bello con Muhammad Alì

Dai personaggi incontrati, spiegava, aveva imparato ad “esercitare il pensiero critico, anzi, il pensiero complesso, e a respirare la libertà di essere come si è, mostrando soprattutto la propria fragilità”. E l’incontro più bello, diceva, era stato “quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero ed enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso”.

Il rammarico di non aver incontrato Nelson Mandela

Il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci, invece, era “sicuramente Nelson Mandela. Ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l’ho perso, come ho mancato l’intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica”.

Nel 1981 ha ricevuto dal presidente Sandro Pertini il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Nel 2003 è stato eletto nell’assemblea della SIAE e ha fatto parte del comitato che ha ideato e realizzato Vivaverdi, la rivista degli autori italiani. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso premio al mondo per documentaristi.

Durante la carriera ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato. Ha anche realizzato una Storia del Jazz in quattro puntate e programmi sulla musica popolare centro e sudamericana. Nel 2017, nel suo libro-intervista “Così va il mondo” con Giuseppe De Marzo, Minà ha raccontato cinquant’anni di giornalismo con particolare attenzione ai diritti dei più deboli, e nel 2020 ha pubblicato il libro autobiografico “Storia di un boxeur latino”. (Fonte Tgcom24);

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