Auto ibrida esplosa in tangenziale: l’innesco potrebbe essere stato causato da un difetto elettrico

Auto ibrida esplosa sulla tangenziale di Napoli dopo l'intervento dei viglili del fuoco

La causa dell’auto ibrida esplosa sarebbe un difetto elettrico

Lo scorso venerdì, attorno alle 14, un’auto ibrida è esplosa all’imbocco della tangenziale. Si tratta di una Volkswagen Polo che viaggiava  una Volkswagen Polo che viaggiava sulla tangenziale di Napoli è esplosa improvvisamente, causando gravi ustioni ai due occupanti, Maria Vittoria Prati, 66 anni, ricercatrice dell’Istituto motori del Cnr (che ha sede proprio nel capoluogo campano), e Fulvio Filace, 25 anni, tirocinante presso lo stesso ente di ricerca e laureando in ingegneria meccanica.

Dalla strada parallela alla tangenziale si vedeva una grande nuvola di fumo provocata dall’esplosione dell’auto ibrida

I due, secondo quanto riportato dall’edizione locale del quotidiano la Repubblica, sono attualmente ricoverati presso l’ospedale Cardarelli in condizioni critiche.

Un’esplosione nel vano motore e l’auto prende fuoco senza dare il tempo ai due occupanti di mettersi in salvo. Un uomo e una donna sono rimasti gravemente ustionati nell’incendio dell’auto sulla quale viaggiavano lungo la Tangenziale di Napoli, tra le uscite di Corso Malta e Capodimonte, in direzione Pozzuoli.

L’area è quella della zona ospedaliera e l’esplosione si è verificata intorno alle 14, tra il traffico. Sul posto sono arrivate due squadre dei vigili del fuoco e due ambulanze del 118. La Volswagen Polo ha preso fuoco. I vigili del fuoco hanno spento le fiamme in breve tempo. Il personale medico ha soccorso  le due persone a bordo del veicolo e le ha caricate sulle ambulanze per essere trasportate in codice rosso nel vicino ospedale “Cardarelli”, dove è attivo un centro per i grandi ustionati.

Le prime ipotesi sull’esplosione dell’auto ibrida

Le prime ipotesi, stando a quanto riferito da Leggo, parlavano della presenza, a bordo dell’auto, di alcune bombole d’ossigeno o di propellente.

In realtà nessuna “bombola di ossigeno”, come era stato subito ipotizzato. L’auto del Consiglio nazionale delle ricerche esplosa all’imbocco della tangenziale di Napoli, non era un normale veicolo che trasportava attrezzature elettromedicali, bensì un prototipo di auto ibrida. Era alimentata dall’energia solare e dalla benzina. Un prototipo creato nell’ambito del progetto “Life” dell’Unione europea, elaborato in nome di quella che sembra essere diventato una ossessione dalle patri di Bruxelles, ovvero la transizione energetica.

Nello specifico, l’esemplare impiegato nei collaudi era una Polo TDI di quinta generazione (2009-2017), coinvolta nel progetto di ricerca europeo “Life-Save” (Solar Aided Vehicle Electrification), volto a esplorare la fattibilità di un’elettrificazione “retrofit” con batterie alimentate anche grazie all’installazione di pannelli solari.  Le unità sono alimentate da una batteria agli ioni di litio installata sotto il bagagliaio. Essa si trova nel vano del ruotino di scorta, e che può essere a sua volta ricaricata dai pannelli solari (montati su tetto e cofano motore), da un classico sistema di recupero dell’energia in frenata e decelerazione e dalla presa di corrente.

 

Carcassa dell’auto ibrida esplosa sulla tangenziale di Napoli

Sono critiche le condizioni dei due passeggeri

Mentre emergono dettagli e particolari, sono ancora ricoverati in prognosi riservata, all’ospedale Cardarelli di Napoli, Maria Vittoria Prati e Fulvio Filace, la ricercatrice e il tirocinante del Cnr che viaggiavano sull’auto. Le condizioni dell’ingegnere Prati, 66 anni, sono apparse subito critiche: ha ustioni su circa il 90 per cento del corpo. Gli organi interni del 25enne, laureando in ingegneria meccanica, invece pare siano illesi. I due lottano per la vita, ma poteva essere una strage. Fortunatamente una strage scongiurata dal fatto che in quel momento e in quel punto la strada non era trafficata.

L’auto esplosa a Napoli, fa parte del progetto di ricerca “Life-save”, nell’ambito del programma “Life”, che rendono ibride le auto da rottamare. Nello specifico si tratta di un veicolo con carrozzeria colorata, un pannello solare sul cofano e una serie di macchinari sui sedili posteriori. Il direttore dell’Istituto di Ricerche sulla Combustione (IRC) del Cnr, Riccardo Chirone, ha spiegato a la Repubblica che “la vettura è un prototipo affidato all’università di Salerno per un progetto di ricerca europeo sulla ibridizzazione dei motori di cui il Cnr non è partner. Le prove vengono fatte anche su strada”. Il programma dell’Unione europea è nato per sostenere il raggiungimento degli obiettivi della legislazione e delle politiche dell’Unione in materia di ambiente.

La possibile dinamica dell’evento

L’auto esplosa trasportava delle bombole, presumibilmente con materiale infiammabile. A differenza di quanto ipotizzato inizialmente, tuttavia, non si tratterebbe di ossigeno e materiale elettromedicale. L’innesco potrebbe essere stato causato da un difetto elettrico. Non molti giorni fa, a Treviso, un’auto elettrica ferma in garage ha improvvisamente preso fuoco, senza alcuno stimolo esterno, a conferma ulteriore dei rischi della svolta “green” e delle automobili elettriche, che vogliono far diventare il futuro della mobilità.

In realtà di green hanno ben poco perché non sempre vengono prodotte e alimentate con energia rinnovabile, perché lo smaltimento delle loro batterie non è ecologico, perché sono più costose quindi meno accessibili. Inoltre per le auto plug-in c’è il rischio di eventuali incendi ritardati delle batterie al litio, causati da potenziali corto circuiti, dopo che il veicolo è stato sommerso dall’acqua, soprattutto se è salata.

E gli stessi costruttori raccomandano di parcheggiare temporaneamente i veicoli recuperati dall’acqua a una distanza di sicurezza da altri veicoli o edifici, dopo aver disattivato il sistema ad alto voltaggio. Non c’è pericolo di shock, ma, specie se l’acqua è salata, c’è la possibilità di incendi ritardati delle batterie al litio. Le linee guida dei Vigili del Fuoco e le raccomandazioni dei costruttori.

Queste sono solo alcune delle principali resistenze opposte alle auto elettriche.

I familiari non conoscono la dinamica

Mentre la magistratura indaga, non si danno pace le due famiglie delle persone coinvolte. “Non abbiamo saputo niente della dinamica . Per quanto tempo Maria Vittoria è rimasta nell’auto e se è stata aiutata a uscire. Tra i suoi colleghi del Cnr, nessuno si spiega l’accaduto”. Affermano i famigliari dell’ingegnere Prati. Fabio Corsaro, cugino del tirocinante Fulvio Filace, altresì ha dichiarato: “Vogliamo capire perché una ricercatrice e uno stagista debbano trasportare un materiale così pericoloso in un’auto comune, chi li ha incaricati, se sono state rispettate le misure di sicurezza. Vogliamo la verità”.

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