Miti, leggenda e tradizioni della Napoli di ieri e di oggi: la leggenda di Donnalbina, Donna Romita e Donna Regina

La leggenda di Donnalbina, Donna Romita, Donna Regina (Foto by Facebook)

La leggenda di Donna Albina, Donna Romita e Donna Regina

La leggenda di Donnalbina, Donna Romita, Donna Regina corre ancora per la lurida via di Mezzocannone, per le primitive rampe del Salvatore, per quella pacifica parte di Napoli vecchia che costeggia la Sapienza.

Vi sono in Napoli tre luoghi con nomi di donne: Donnalbina, Donnaromita e Donnaregina.
Le donne in questione erano sorelle, innamorate dello stesso uomo, il cavaliere Filippo Capece, ed avevano la grande responsabilità di un nome da tramandare, quello del barone Toraldo, nobile del Seggio di Nilo di cui erano figlie e che con loro si sarebbe estinto. Donna Regina, la maggiore, era altera e responsabile, promessa sposa di Filippo Capece; donna Albina era la più buona, ed infine la più scontrosa e appassionata era donna Romita.
Nessuna di loro coronó il suo sogno d’amore con il nobile cavaliere perché le minori non vollero mancare di rispetto alla maggiore e quest’ ultima si accorse che il cavaliere non l’amava e che le sorelle soffrivano per lui.
Scelsero dunque una vita diversa, tra le mura dei monasteri che fondarono e che ancora oggi portano il loro nome.
Ciascuna divenne regina di un suo piccolo regno oscuro, fatto di silenzi e di separazione.
Anche se è solo una leggenda quella che Donna Matilde ci regala, furono tante le donne che in questa nostra Napoli sono state ridotte al silenzio.
E’ bene ricordarle con nomi di luoghi, memorie collettive che ancora hanno voce per chi sa ascoltare.
Chiesa di Donna Albina, Napoli
(Foto by Facebook)

La storia di Donn’Albina, Donna Romita e Donna Regina

Il barone Toraldo, nobile napoletano, aveva 3 figlie: Donn’Albina, Donna Romita e Donna Regina. La moglie era morta giovane e il barone ottenne dal re Roberto d’Angiò il favore di trasmettere la propria nobiltà ai futuri figli della figlia maggiore.

Il barone morì nel 1320. Quando fu destinato in sposo a Donna Regina Don Filippo Capece, Donn’Albina disse alla sorella che Donna Romita si era innamorata perdutamente del cavaliere: la donna capì dalla sua voce tremante che anche lei ne era innamorata. Donna Romita, un giorno, pregando la Madonna di farle dimenticare il cavaliere, si accorse che anche Donn’Albina stava pregando per lo stesso motivo.

Le due sorelle si recano da Donna Regina chiedendo perdono e annunciando che si sarebbero ritirate in convento; la sorella maggiore disse loro che aveva fatto la stessa scelta perchè il cavaliere non la amava. Donna Regina allora si inchinò di fronte al dipinto del padre, prese lo scettro d’ebano e lo spezzo dicendo: Salute, padre mio, la vostra nobile casa è morta.

La leggenda narrata da Matilde Serao

La storia di Albina, Romita e Regina Toraldo, così com’è narrata da Matilde Serao nel suo Leggende Napoletane, sembra ambientarsi in una Napoli tetra e lurida: le tre sorelle, innamoratesi malauguratamente dello stesso uomo, pur di non ferire le altre prendono il velo e investono la dote nella fondazione di un proprio convento.

Questi edifici trigemini, ancora esistenti nel centro storico della città, presero i loro nomi, diventando le chiese di Santa Maria Donnalbina, Santa Maria Donnaromita e Santa Maria Donnaregina.

La chiesa di Donnaregina

Quest’ultima, in realtà ben più antica rispetto al XIII secolo romanzato dalla Serao, è la protagonista di una storia affascinante quanto una leggenda, che ha visto perfino la costruzione di un secondo edificio alle spalle del primo, denominato Donnaregina “Nuova”; è però la chiesa “Vecchia”. Un edificio che è ben lontano dalle atmosfere oscure di Matilde Serao.

Santa Maria Donnaregina Vecchia si trova a pochi metri dal Duomo di San Gennaro: teoricamente farebbe parte del percorso del Museo Diocesano, che ha sede nella chiesa Nuova poiché nei locali del convento ha sede la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università di Napoli, non è visitabile nella sua interezza, e spesso risulta chiusa per motivi accademici.

 

È più frequente, dunque, che i visitatori si debbano limitare a sbirciarla dalle finestre del MADRE, il Museo di Arte Moderna che ha sede nel prospiciente Palazzo Donnaregina: “Molti pensano che questo palazzo sia l’antico convento, in realtà è un palazzo nobiliare così denominato per la vicinanza con la chiesa.

Dal chiostro dei Marmi possiamo ammirare la semplice facciata in stile gotico ormai quasi fagocitata da una palazzina privata costruita a ridosso dell’edificio. Sul piccolo rosone è possibile intravedere ciò che rimane dello stemma di Maria d’Ungheria, regina consorte di Napoli e principale benefattrice del convento: un’altra leggenda vuole che sia lei la “Donnaregina” che dà il nome alla chiesa.

Chiesa di Donna Regina, Napoli
(Foto by Facebook)

“Carlo d’Angiò aveva destinato l’antico tempio qui presente a prigione , ma fu Maria, dopo un terremoto, a voler rifondare il convento e a destinarlo alle monache clarisse, concedendo loro molte donazioni nel corso degli anni a seguire”.

La costruzione di Donnaregina Nuova

Alla fine del ‘600 le clarisse vollero una nuova chiesa più grande e moderna, senza però distruggere la vecchia: Donnaregina Nuova fu dunque costruita alle spalle della Vecchia in posizione speculare. Le absidi si toccano e un tempo era possibile accedere dall’una all’altra mediante un passaggio oggi scomparso, sostituito da alcune passatoie ai piani superiori del convento: solo uno dei molti interventi che nel corso dei secoli hanno modificato profondamente l’aspetto della chiesa, che oggi appare dimezzata nella lunghezza e quasi priva di decorazioni.

È importante che la gente scopra luoghi lontani dai circuiti turistici, Napoli è piena di meraviglie che rimangono molto spesso chiuse al pubblico o ignorate. Resta importante la volontà di salvaguardare questi luoghi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *