Negli ultimi mesi nella città di Qom, in Iran, centinaia di bimbe sono state avvelenate “intenzionalmente” nella propria scuola. Secondo il viceministro della Salute, il regime avrebbe adottato questo metodo orrendo per chiudere le scuole femminili e quindi mettere un ulteriore bavaglio alle donne.
La scelta delle scuole non è stata un caso in quanto è proprio nel luogo d’istruzione per eccellenza, insieme alle università, si sviluppano le forme di opposizione politica al regime iraniano. Un’atrocità che sembra emulare la vicina Afghanistan che ha negato alle donne la possibilità di istruirsi.
Lo scorso 14 febbraio, i genitori delle bambine si sono radunati presso il governatorato della città per chiedere delucidazioni riguardo all’accaduto. A tal proposito, il viceministro della Salute ha asserito che la responsabilità degli avvelenamenti sarebbe da attribuire ad alcuni individui i quali puntavano alla chiusura delle scuole femminili. Inoltre, le alunne sono state avvelenate con un composto chimico non disponibile per uso militare che non è né contagioso né trasmissibile. Attualmente, nonostante la notizia stia suscitando un’onda di indignazione generale, non c’è stato alcun arresto.
La stessa situazione a Borujerd, dove 90 studentesse delle scuole superiori sono finite in ospedale con sintomi tipici dell’avvelenamento. Ad ottobre balzò alla cronaca il caso di un’universitaria di 21 anni che è deceduta dopo aver ingerito dell’alcol avvelenato. Il medesimo trattamento viene riservato agli attivisti drogati o avvelenati in carcere, punendoli per aver preso parte alle proteste.
Fonte: TgCom24
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